Spesso aprire la partita Iva è un’operazione che mette paura, soprattutto per quanto riguarda i costi: nonostante i tantissimi lavoratori che, oggi, hanno all’attivo questa modalità di lavoro, c’è ancora molta poca chiarezza su cosa comporta e quanto costa avere una Partita Iva.
Andiamo a scoprire insieme tutto quello che c’è da sapere su questa pratica che sembra complessa, ma che in realtà è più semplice di quanto si pensi.
Che cos’è la Partita Iva
La partita Iva, in pratica è un codice alfanumerico di undici cifre che va ad identificare un soggetto – azienda o lavoratore autonomo – ai fini dell’imposizione fiscale.
La partita Iva è composta dalla sigla dello stato di appartenenza, nel nostro caso IT quindi, e da una serie di numeri diversi per ogni titolare.
Per legge, tutte le attività e i lavoratori indipendenti che superano 5.000 euro di guadagno netto in un anno e con un lavoro che è continuativo (non conta, quindi, se si tratta di prestazioni occasionali) sono obbligati ad aprire una partita Iva, in modo da poter pagare le tasse relative al reddito e in modo da essere autorizzati a emettere fatture.
Quanto costa aprire e mantenere la Partita Iva
Chiariamo subito il dubbio più grande e comune che si pongono i lavoratori: quanto costa aprire la partita Iva?
In realtà, aprirla è un processo molto semplice e completamente gratuito, e si fa personalmente tramite l’Agenzia delle Entrate, oppure affidando la pratica a un commercialista.
Quello che ha un costo da considerare non è aprire la partita Iva, ma riuscire a mantenerla. Le spese di mantenimento, infatti, sono diverse e possono essere anche piuttosto importanti.
Dipende tutto dal tipo di regime a cui si è iscritti: se si apre una partita Iva con un regime di contabilità ordinaria, per poter affrontare le spese di gestione sarà necessario avere un guadagno più che sostanzioso.
In questo caso, infatti, la ditta iscritta alla Camera di Commercio paga all’istituto una quota di circa 100 euro l’anno (il professionista, invece, avrà da pagare l’iscrizione annua al suo ordine professionale) le imposte Irpef e Irap, calcolate rispettivamente sul reddito e sul valore aggiunto prodotto, il costo del commercialista che tiene la contabilità e i contribuiti da versare all’INPS o a una cassa di previdenza privata.
Se, invece, si guadagnano entro i 65.000 euro l’anno è possibile usufruire del regime forfettario: si tratta di un regime agevolato e prevede l’esenzione dell’Iva e una tassazione di aliquote molto ridotte rispetto all’Irpef riservata a chi ha un regime di contabilità ordinaria, che è pari al 5% per i primi cinque anni di attività, e al 15% in seguito.
In questo tipo di regime, avendo già diverse agevolazioni fiscali, non sono previste deduzioni o detrazioni di spese sostenute, a meno che non siano quelle dei contributi previdenziali obbligatori.