Spesso, quando si parla di investimenti in ambito nazionale, uno dei primi elementi cui si fa riferimento sono i BOT, ovvero i Buoni ordinari del Tesoro. Prima di procedere con questo tipo di investimento, però, non solo è consigliato consultarsi con un esperto o con un consulente finanziario, ma prima di tutto cercare di capire cosa sono i BOT e come si investe in essi. Nelle prossime righe cercheremo quindi di fare chiarezza su questo argomento per capire cosa sono, se conviene investire in BOT e quanto possono arrivare a rendere.
Cosa sono i BOT?
Come detto, per BOT si intendono i Buoni ordinari del Tesoro, ovvero dei titoli di debito pubblico che possono essere emessi esclusivamente dal Governo Italiano. Si tratta quindi di titoli di Stato, al pari dei CCT (Certificati di Credito del Tesoro),dei CTZ (Certificati del Tesoro Zero Coupon) e dei BTP (Buoni del Tesoro Poliennali).
Hanno diverse peculiarità, tra cui la durata, che non può superare i 12 mesi, e che può essere quindi di 3, 6 o 12 mesi al massimo. Si tratta di bond senza cedola, in quanto chi acquista i BOT non entra in possesso di alcuna cedola, e ciò è dovuto proprio alla loro breve durata.
Il taglio minimo per acquistare i BOT è di 1000 euro e multipli. Per investire in BOT è fondamentale essere in possesso di un conto titoli presso un intermediario finanziario. Gli intermediari finanziari sono delle imprese che offrono al pubblico dei servizi di investimento, e nella maggior parte dei casi si tratta di banche. In ogni caso, possono svolgere la funzione di intermediari finanziari anche gli agenti di cambio, le società di gestione del risparmio, di intermediazione mobilitare, di investimento a capitale variabile o ancora le società fiduciarie.
Quanto rendono i BOT?
Per quanto riguarda il rendimento dei BOT, questo è determinato dalla differenza tra il prezzo di acquisto (o sottoscrizione) e quello di rimborso, ovvero lo scarto di emissione. Ciò significa che, in via generale, se acquistate dei BOT, la somma che ne ricaverete a titolo di rimborso al momento della scadenza sarà certamente maggiore rispetto a quella a cui li avete acquistati.
Questa però non è una regola assoluta: il prezzo di rimborso dei BOT dipende infatti dal rapporto tra domanda e offerta. Se la domanda è troppo alta, il rendimento finale sarà probabilmente in negativo.
In generale, comunque, considerando che il tasso di interesse applicato su questi titoli negli ultimi anni si è aggirato attorno all’1%, i rendimenti dati dallo scarto di emissione sono decisamente bassi e poco incentivanti, soprattutto se si tiene conto della tassazione applicata.
Benché i BOT costituiscano quindi una opzione di investimento molto allettante per via delle brevissime scadenze e dell’assenza di rischi, generalmente i consulenti finanziari consigliano altre alternative di investimento se quello che si sta cercando è un guadagno tangibile.
Conviene investire in Buoni ordinari del Tesoro?
La tassazione sullo scarto di emissione è agevolata, con una aliquota del 12,50%. Questo fattore, unito all’assenza di rischi, rende l’idea di investire in BOT molto diffusa tra gli investitori. Il rendimento dei BOT, però, come abbiamo visto, non è particolarmente allettante.
In alcuni casi gli investitori possessori di BOT possono decidere di rivenderli, prima della scadenza, ai privati sul MOT (Mercato Telematico Obbligazionario) nel tentativo di ottenerne un guadagno. Guadagno che può verificarsi in fase rialzista, permettendo di ottenere somme maggiori rispetto a quelle che sarebbero erogate dallo Stato al momento del rimborso. Questa eventualità, benché fattibile, è però piuttosto remota.
Investire in BOT può tornare quindi utile nel caso si vogliano investire soldi per non detenere somme contanti. Un metodo piuttosto sicuro, dal momento che l’unico rischio per cui si potrebbe perdere l’investimento è che il paese dichiari lo stato di insolvenza (default).