La deregulation del gioco pubblico

slotTra gli innumerevoli paradossi che si vivono costantemente nel nostro Paese, uno dei più assurdi riguarda il settore del gioco pubblico italiano. Da qualche mese è in atto una campagna di deregulation in uno dei settori più rigidamente controllati dal fisco e dall’Agenzia dell’Entrate. I 13 concessionari che gestiscono i vari prodotti di gioco sono soggetti a determinati requisiti da mantenere per l’intero rapporto di collaborazione con lo Stato, ben più rigidi e restrittivi rispetto rispetto a tutti quelli previsti nelle altre gare di concessioni pubbliche. Una deregulation paradossale perché l’intero movimento del gioco pubblico e legale che costituisce la terza forza del Pil e una delle entrate più corpose per le casse dello stato italiano in termini di tasse.

Il settore del gioco in generale sta attraversando una fase di assestamento sia in Italia che in Europa. Dopo i dati positivi registrati negli scorsi anni, come evidenzia uno degli editoriali pubblicati da Gaming Report, si sta verificando una contrazione fisiologica indotta da una serie di fattori che lavorano in perfetta sinergia tra di loro. Alcuni dei trascinatori del mercato, dopo anni di grande successo grazie all’ampia esposizione su tv e media, hanno progressivamente esaurito l’effetto novità e stanno passando di moda. Serve una riorganizzazione dell’intero settore per trovare le chiavi giuste del rilancio, ma l’ostruzionismo della fitta schiera dei detrattori del gioco pubblico potrebbe essere l’elemento capace di affondare una delle poche variabili positive della nostra economia.

Alessio Crisantemi di GiocoNews.it ha evidenziato come “il movimento no slot ha dato un input alla deregulation con il proliferare dalla Valle d’Aosta alla Sicilia di leggi o regolamenti locali che impongono le più disparate restrizioni al mercato, limitando la libertà di impresa agli addetti ai lavori. Spesso anche in contrasto a quanto disposto dalle leggi statali”.

L’ultimo provvedimento in ordine di tempo proposto dalla Regione Piemonte è quello di ricorrere agli incentivi Irap nei confronti di quei locali pubblici che decidono di eliminare e/o non ospitare prodotti di gioco, in particolare videopoker e slot machine di nuova generazione. Il governo Renzi, alla stessa stregua dei precedenti mandati a Letta e Berlusconi, non ha mai impugnato nessuna delle leggi regionali finalizzate alla restrizione del mercato sui territori, per evitare l’onta delle strumentalizzazioni di turno dell’opposizione, di giornali e dell’opinione pubblica. La guerra al gioco pubblico partita da qualche singolo comune o associazione di cittadini si è tramutata in breve tempo in una lotta senza quartiere per un numero sempre più crescente di Enti Locali e Regionali. La ludopatia è divenuto il cavallo di battaglia, ma nessuno ha mai analizzato il lavoro di comunicazione e le campagne di informazione ai consumatori portate avanti dagli operatori legali e dai siti specializzati nel settore.

Oltre al restyling dal punto di vista marketing, il settore del gioco avrebbe bisogno di un Testo Unico per la riorganizzazione della norme vigenti, ovvero di una legge capace di uniformare la giungla normativa che caratterizza il comporta in un codice più snello ed efficace. Il punto di partenza potrebbe essere l’apertura di un tavolo di concertazione tra le parti in causa per far combaciare gli aspetti contabili e fiscali con quelli di carattere sociale e sanitario, puntando alla prevenzione e cura delle dipendenze.

 

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